Tecnica di Lavorazione



Il caolino (da Kao-ling=alta collina, località della Cina presso King - tên - chên) è un idrosilicato di alluminio infusibile e bianchissimo che, mescolato al feldspato petuntse (quarzo bianco) fusibile e sottoposto ad una temperatura di 1300 - 1400 ° C, forma una materia bianca, non porosa, traslucida e vetrificata che è la porcellana. Il prodotto finito sopporta l’azione di una punta d’acciaio senza intaccarsi.

Prima che la fabbricazione della porcellana di pasta dura fosse più largamente diffusa, in Francia fu sperimentata a Sèvres solo nel 1768: già da tempo si produceva porcellana “tenera”, un impasto a base di materiale vetroso calcinato (fritta) mescolato con argilla bianca e con altre sostanze capaci di conferirgli un aspetto quasi bianco ed opaco, che veniva cotto ad una temperatura che non superava i 1100° C. La vernice piombifera era applicata con una seconda cottura a temperatura inferiore (muffola).

Nel XVIII secolo, mentre in Germania, in Austria ed in Italia si produceva porcellana di pasta dura, le fabbriche francesi adottarono la pasta tenera e continuarono a produrla anche quando, dopo il 1768, fu iniziata a Sèvres la produzione di “pasta dura”. La “pasta tenera” fu lavorata anche in tutte le manifatture inglesi, eccetto Bristol e Plymouth, e usata per le prime porcellane di Zurigo e di Capodimonte.

 

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Una porcellana di qualità intermedia fra la dura e la tenera è tuttora usata in Inghilterra; nella sua composizione è inclusa la polvere d’ossa (bone-ash paste).

La pasta della porcellana, dopo la lavorazione al tornio, a stampo, o la modellazione viene posta ad asciugare al calore moderato del forno. Il pezzo asciutto può avvalersi di una ulteriore rifinitura e lisciatura a secco; in seguito riceve la “coperta” o vernice a smalto, generalmente per immersione entro una miscela a base piombifera (silicato o solfato di piombo o ossido dello stesso metallo) per la porcellana tenera o a base feldspatica (feldspato fusibile, calce, potassa, sabbia o quarzo) per la porcellana dura.

La prima raggiunge il giusto grado di cottura legandosi intimamente al corpo della porcellana a circa 1100°C; la seconda richiede un calore intorno ai 1300° - 1400° C.

La “coperta” può essere bianca, ed in questo caso la sua miscela contiene stagno, o colorata.

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La colorazione è però limitata a causa dell’alta temperatura a cui viene sottoposta e ai colori minerali, e cioè agli ossidi di cobalto (blu), di ferro (verde-bruno) e di rame (rosso-violetto).

Il pezzo ceramico può rimanere bianco o in tinta unita o venire successivamente decorato con colori (ossidi metallici o minerali), che richiedono una gradazione di calore inferiore a quella della prima cottura; viene posto entro una “muffola” di materiale refrattario per subire una o più cotture di gradazione calante a seconda del punto di fusione dei colori che vengono via via aggiunti ai primi.

L’ultima cottura, cioè quella di gradazione minore, riguarda le dorature che hanno il punto di fusione più basso. Una speciale produzione di porcellana, detta “biscuit”, fu di moda nella seconda metà del XVIII secolo, moda che rinverdì nel XIX secolo fino ai primi anni del XX secolo.

Si trattava in genere di figure o gruppi o composizioni decorative deliberatamente non smaltate, che presentano un morbido aspetto bianco opaco. Non si sa se fossero approntate in un’unica cottura o, come intende la denominazione, in seconda cottura. La produzione ebbe inizio in Francia (Vincennes - Sèvres) e si diffuse in seguito in tutta Europa con espressioni di grande raffinatezza.

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